"Le persone sane sono malate senza saperlo". I sani nel mirino delle cure.
Correva l'anno 1923: l'idea di applicare la pubblicità alla medicina e la capacità persuasoria di Knock, - "Le persone sane sono malati senza saperlo" - garantirono il successo a una pièce teatrale su quello che pareva, allora, essere un vero e proprio paradosso. La circostanza immaginata da Jules Romains in "Knock, ovvero il trionfo della medicina", si è rivelata, invece, tragicamente premonitoria.
q Mentre in passato si ricercavano medicinali contro le malattie, ora si inventano malattie per creare potenziali pazienti . Ivan Illich in "Nemesi Medica", ci mise in guardia ipotizzando il rischio di trasformare, in un futuro prossimo, tutte le persone in buona salute in altrettanti potenziali malati. Negli anni 70 del secolo scorso Henry Gadsen, direttore della casa farmaceutica Merck, dichiarò alla rivista Fortune: «Il nostro sogno è produrre farmaci per le persone sane. Questo ci permetterebbe di vendere a chiunque». A distanza di anni, il suo auspicio sembra essersi realizzato: camuffate, con l'abito della prevenzione, le strategie di marketing farmaceutico hanno come target non il malato, ma la persona sana.
Per poter mantenere inalterato il mercato, l'industria della della salute deve rivolgersi alle persone sane. Questo fenomeno prende il nome di "disease mongering". Tre sono i piani su cui queste strategie morbigene agiscono:
- il piano quantitativo, che prevede l'abbassamento dei parametri che definiscono la frontiera del "patologico" (a esempio, nel caso dell'ipercolesterolemia, dell'ipertensione, del diabete);
- il piano temporale, che consiste nella promozione e nella diffusione di pratiche di screening, la cui efficacia è incerta oppure non ancora dimostrata;
- il piano qualitativo, che trasforma in condizioni medico-sanitarie situazioni che dovrebbero far parte della normalità della condizione umana (G. Domenighetti). Anche la vecchiaia, come già diceva Terenzio - Senectus ipsa morbus est - è diventata un morbo...
Nel 2002, la prestigiosa rivista BMJ ha pubblicato una "Classificazione internazionale delle non-malattie", contenente più di 200 condizioni ritenute a torto come patologiche, camuffate da terminologia medichese; in questo modo, la timidezza che arrossa le guance, è diventata disturbo d'ansia sociale e noia, e forfora, calvizie e menopausa si sono caricate di funesti presagi, richiedendo specifici trattamenti.
Oltre a inventare nuove malattie e a medicalizzare condizioni fisiologiche, il disease mongering, focalizzando l'attenzione esclusivamente su soluzioni farmacologiche, esclude una comprensione ampia delle dinamiche, che ruotano intorno alla salute, nel suo ventaglio di implicazioni biologiche, psicologiche e sociali, approfittando del fatto che «il desiderio di prendere medicine è forse la più grande differenza fra l'uomo e l'animale» (W. Osler). In realtà, come la storia oggi ci insegna, "una delle malattie più diffuse è la diagnosi" (K. Kraus).
Su questa debolezza, fanno leva le case farmaceutiche con le campagne di marketing dei nuovi farmaci, in un gioco di tacite alleanze tra settore farmaceutico, medici, opinion leader e mezzi di comunicazione. Ma non è un caso che il termine greco, che indicava il "capro espiatorio", fosse phàrmakon e che, da esso, deriva il vocabolo col significato di "medicina".
Già nell'antichità, l'osservazione aveva evidenziato che il phàrmakon può svolgere un effetto benefico o nocivo, in relazione alle quantità impiegate e alle reazioni individuali: le dynàmeis del farmaco, le sue potenzialità e quindi i suoi effetti, dipendono dagli dèi e dalle mani di chi le somministra, ma, soprattutto, dalla purezza del medico, proprio perché il phàrmakon ha un profondo valore religioso e ambivalente, che ancora oggi sopravvive nella parola inglese drug.
"Chissà come la gente moriva prima dell'invenzione di tante malattie ? " (S. J. Lec)
6 gennaio 2023
Dario Armaroli
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